martedì 28 aprile 2020

I racconti di Dandelion: Dio dell'immagine e dell'apparenza




Dio dell'immagine e dell'apparenza





Non voglio credere che, alla fine, il momento che più ho temuto in tutta la mia vita sia arrivato… Certo, sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo, ma esserci davvero fa tutt’altro effetto.
È giunta la vecchiaia. Sono lontani i tempi in cui mi osservavo allo specchio e vedevo dall’altra parte una donna bella, soda, sprizzante gioventù da tutti i pori. Quel che vedo adesso non voglio neanche descriverlo.
Per fortuna ho sempre saputo che sarebbe stata dura: solo per questo ci sono arrivata ben preparata.
Ero ancora molto giovane quando capii che se non facevo qualcosa sarebbe finita male, e forse non meritavo di essere svegliata così presto dal mio sogno di eterna bellezza.
Avevo solo ventisei anni quando, per la prima volta, vidi l’Inferno con i miei occhi… troppo giovane, troppo giovane per soffrire così tanto. Nemmeno quando a diciott’anni mi ero rifatta il seno passando da una seconda a una quarta (abbondante) avevo provato tanto dolore.
Ricordo ancora l’orrore della prima volta che ne vidi uno. Mio marito mi trovò in lacrime, sulla poltrona in salotto. Si avvicinò gettando all’aria la valigetta (faceva il dirigente in banca, povero cuore, e guadagnava molto bene prima di morire d’infarto per lo stress dato che lavorava quindici ore al giorno). Credeva fosse accaduta qualche disgrazia a un nostro familiare… e la disgrazia in effetti era accaduta, ma ancor peggio, a me!
«Uh Gesù, Gisella, cos’è successo?» mi chiese, andando in panico, quando mi trovò col trucco sbavato e la testa tra le mani. Io alzai gli occhi gonfi di pianto, lo guardai e mossi le labbra impastate dalle lacrime senza riuscire a parlare, poi capii che sarebbe stato meglio fargli vedere.
Mi alzai dalla poltrona avanzando verso il tavolo della cucina, su cui riposava un paio delle mie pinzette per sopracciglia più consumate. Non avevo avuto il coraggio di toccare quell’orrore con le mie mani.
Glielo indicai con un cenno del capo, stringendomi forte le braccia in petto, tremando. Lui guardò.
In un primo momento non vide niente. Poi aguzzò lo sguardo e, appena lo notò, fece un balzo all’indietro.
Urlò, guardandomi pieno di terrore.
«Gisella, fiore mio, dimmi che ho visto male.»
Aveva visto benissimo.
Tra le fauci delle pinzette c’era un capello. Bianco.
Con le lacrime agli occhi feci cenno di no e lui si avvicinò, cingendomi tra le sue braccia per consolarmi, ma non bastò.
Da quel giorno iniziò l’incubo.
Ogni settimana, durante la mia sessione obbligatoria col parrucchiere (le sessioni potevano essere fino alle tre settimanali, ma mai meno di una), gli chiedevo se vedesse qualche capello bianco. Se mi rispondeva di sì, senza esitare, gli ordinavo di tingere senza pietà.
Quello fu solo il primo dei guai. A trentadue anni, guardandomi allo specchio, scoprii una cosa che mai avrei voluto vedere: un puntino marrone chiaro che mi stava spuntando proprio sotto l’occhio sinistro. Corsi dalla dermatologa in un lampo ed ebbi la terribile conferma.
«Si tratta di un neo» mi disse, con una tranquillità che mi turbò.
«E com’è successo?»
La mia voce doveva essere davvero preoccupata, perché la dottoressa mi guardò ambigua.
«Non si preoccupi, signora Rossi, non è nulla di maligno. È solo un neo.»
«Ma com’è successo??» insistetti. Dovevo sapere cosa aveva scatenato la comparsa di quella macchia malefica: solo così avrei potuto capire come evitare che ne spuntassero altre.
«Può capitare se ci si espone al sole, ad esempio… ma non si preoccupi» disse lei, vedendomi improvvisamente sbiancata. «Non è maligno! È solo una macchia!»
Una macchia! Che nessuno mi capisse ormai, dopo trent’anni di vita, l’avevo inteso. Ciò che però non riuscivo ad accettare era come si potesse restare così indifferenti dinnanzi a un simile deturpamento. Pareva che nessuno intorno a me avesse un minimo gusto per il bello.
Cosa avevo fatto di male per meritarmelo? Proprio io, che tutti i giorni idratavo ed esfoliavo il mio viso con cura e dedizione! La dottoressa provò a tranquillizzarmi affermando che l’idratazione non c’entrasse nulla, che era solo questione di accumulo di una certa sostanza sottopelle… ma lo diceva solo per tranquillizzarmi, ovviamente. Non ne era convinta neanche lei.
Nemmeno a dirlo, da quel giorno ho evitato il sole e le lampade abbronzanti come la peste, sostituendole con l’autoabbronzante, e mai più sono stata senza fondotinta se non di notte quando dormivo, coprendo solo quel pezzettino di viso pur di non scorgere quell’abominio.
Ma ancora non avevo visto tutto. Sono arrivati gli anta e apriti cielo! Come in un maleficio son comparse rughe dappertutto. Ce n’era una nuova ogni giorno, sembrava che si moltiplicassero a vista d’occhio.
Per fortuna non avendo avuto figli (non avevo alcuna voglia di allargarmi, restringermi e deformarmi restando floscia e cadente) non ho mai avuto smagliature, ma le rughe! Quelle purtroppo sono arrivate nonostante le creme al collagene da milletrecento euro che mio marito mi regalava ogni mese. E allora, dato che per quelle non c’era soluzione, ho dovuto ricorrere alle maniere forti. Non mi sarei mai arresa alla vecchiaia, mai!
Il primo ritocchino fu leggero, solo un po’ di botulino sulla fronte e a lato degli occhi per curare quelle raccapriccianti zampe di gallina. Il risultato fu miracoloso: la pelle era liscia come quella di una ventenne. Ne fui così entusiasta che mi feci consegnare il catalogo con tutti gli interventi di chirurgia estetica che il mio medico eseguiva e decisi di farmene regalare un paio da mio marito per il compleanno e l’onomastico.
La prima cosa che feci fu farmi iniettare un po’ di filler alle labbra, giusto per riempirle un po’. Poi mi feci limare un po’ il naso per renderlo più alla francese, elegante e raffinato. Infine, verso i sessant’anni, quando la pelle iniziava a diventare cadente e flaccida tanto da farmi rabbrividire ogni volta che per sbaglio mi sfioravo le braccia, decisi di far tagliare via quella in eccesso. Mi dissero che c’erano degli esercizi che avrebbero potuto aiutarmi a rassodare, ma dopo quarantacinque anni di zumba e jogging tra i boschi non avevo più la forza di un tempo.
Il mio caro marito mi regalò quest’intervento a Natale: trovai i settemilaottocento euro che servivano a finanziarlo sotto l’albero, accanto al panettone e al presepe. Inutile dire che fui la donna più felice del mondo.
Dopo quell’intervento non ne ho fatti altri. Lo ammetto, verso i settanta ho pensato di fare una liposuzione per quel dannato grasso in eccesso sul girovita, ma non volevo esagerare. E quindi fino a oggi tutto è stato perfetto…
…all’apparenza. Perché giorno dopo giorno, con la vecchiaia che avanza, nonostante io faccia di tutto per negarlo anche a me stessa, mi sto lentamente disfacendo. Il mio corpo mi sta abbandonando, ormai lo specchio non mi è più amico come una volta. E non ho via di scampo.
Ho passato tutta la vita a prendermi cura del mio corpo con creme antirughe e idratanti, profumi, olii, unguenti, esfolianti, leviganti, rassodanti, autoabbronzanti, per non parlare delle due volte a settimana dall’estetista, della visita bisettimanale alla Spa e quella mensile per manicure e pedicure. Eppure solo ora capisco di aver creduto per tutta la mia vita in un’orribile bugia.
Solo ora, a ottant’anni, la verità mi è chiara: ho rincorso l’apparenza e non c’è nulla di più sbagliato. Possiamo fingere di accettarci per come siamo, ma non saremo mai felici con noi stessi finché non ci convinceremo di essere belli così, di star bene con tutti i nostri piccoli difetti. Non bisogna lavorare solo sul corpo, ma anche sul cervello.
Infatti ho prenotato la lobotomia per stasera. Dicono che curi molti mali, tra cui la depressione, e io sono davvero depressa. Come si fa a vivere in un corpo del genere, tutto grinze e macchie, senza deprimersi giorno dopo giorno?
Il mio psichiatra mi ha dato dei farmaci da prendere, ma non ho mai assunto un’aspirina in tutta la mia vita, figurarsi se ora potrei contaminarmi con quella roba. Lui ha negato di operarmi dicendo che non ce n’è la necessità, ma chi può dire meglio di me stessa di cosa io abbia bisogno? Quindi ho dovuto cercare un po’, ma alla fine ho trovato un dottore molto bravo che è disposto a fare l’intervento per più o meno cinquantamila euro, a patto che non lo dica a nessuno. Mio marito non è più qui tra noi, ma sono certa che sarebbe contento della mia scelta, anzi, mi incoraggerebbe a usare tutti gli ultimi risparmi per farlo… e io preferisco vivere una vita più modesta, ma felice, piuttosto che una vita ricca nella depressione della vecchiaia.
E poi la chirurgia serve a migliorarci, altrimenti non esisterebbe. 
No?



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