Dio dell'immagine e dell'apparenza
Non voglio credere che, alla fine, il momento che più ho
temuto in tutta la mia vita sia arrivato… Certo, sapevo che prima o poi avrei
dovuto affrontarlo, ma esserci davvero fa tutt’altro effetto.
È giunta la vecchiaia. Sono
lontani i tempi in cui mi osservavo allo specchio e vedevo dall’altra parte una
donna bella, soda, sprizzante gioventù da tutti i pori. Quel che vedo adesso
non voglio neanche descriverlo.
Per fortuna ho sempre saputo
che sarebbe stata dura: solo per questo ci sono arrivata ben preparata.
Ero ancora molto giovane
quando capii che se non facevo qualcosa sarebbe finita male, e forse non
meritavo di essere svegliata così presto dal mio sogno di eterna bellezza.
Avevo solo ventisei anni
quando, per la prima volta, vidi l’Inferno con i miei occhi… troppo giovane,
troppo giovane per soffrire così tanto. Nemmeno quando a diciott’anni mi ero
rifatta il seno passando da una seconda a una quarta (abbondante) avevo provato
tanto dolore.
Ricordo ancora l’orrore della
prima volta che ne vidi uno. Mio marito mi trovò in lacrime, sulla poltrona in
salotto. Si avvicinò gettando all’aria la valigetta (faceva il dirigente in
banca, povero cuore, e guadagnava molto bene prima di morire d’infarto per lo
stress dato che lavorava quindici ore al giorno). Credeva fosse accaduta
qualche disgrazia a un nostro familiare… e la disgrazia in effetti era
accaduta, ma ancor peggio, a me!
«Uh Gesù, Gisella, cos’è
successo?» mi chiese, andando in panico, quando mi trovò col trucco sbavato e
la testa tra le mani. Io alzai gli occhi gonfi di pianto, lo guardai e mossi le
labbra impastate dalle lacrime senza riuscire a parlare, poi capii che sarebbe
stato meglio fargli vedere.
Mi alzai dalla poltrona
avanzando verso il tavolo della cucina, su cui riposava un paio delle mie
pinzette per sopracciglia più consumate. Non avevo avuto il coraggio di toccare
quell’orrore con le mie mani.
Glielo indicai con un cenno
del capo, stringendomi forte le braccia in petto, tremando. Lui guardò.
In un primo momento non vide
niente. Poi aguzzò lo sguardo e, appena lo notò, fece un balzo all’indietro.
Urlò, guardandomi pieno di
terrore.
«Gisella, fiore mio, dimmi
che ho visto male.»
Tra le fauci delle pinzette
c’era un capello. Bianco.
Con le lacrime agli occhi
feci cenno di no e lui si avvicinò, cingendomi tra le sue braccia per
consolarmi, ma non bastò.
Da quel giorno iniziò
l’incubo.
Ogni settimana, durante la
mia sessione obbligatoria col parrucchiere (le sessioni potevano essere fino
alle tre settimanali, ma mai meno di una), gli chiedevo se vedesse qualche
capello bianco. Se mi rispondeva di sì, senza esitare, gli ordinavo di tingere
senza pietà.
Quello fu solo il primo dei
guai. A trentadue anni, guardandomi allo specchio, scoprii una cosa che mai
avrei voluto vedere: un puntino marrone chiaro che mi stava spuntando proprio
sotto l’occhio sinistro. Corsi dalla dermatologa in un lampo ed ebbi la
terribile conferma.
«Si tratta di un neo» mi
disse, con una tranquillità che mi turbò.
«E com’è successo?»
La mia voce doveva essere
davvero preoccupata, perché la dottoressa mi guardò ambigua.
«Non si preoccupi, signora
Rossi, non è nulla di maligno. È solo un neo.»
«Ma com’è successo??»
insistetti. Dovevo sapere cosa aveva scatenato la comparsa di quella macchia
malefica: solo così avrei potuto capire come evitare che ne spuntassero altre.
«Può capitare se ci si espone
al sole, ad esempio… ma non si preoccupi» disse lei, vedendomi improvvisamente
sbiancata. «Non è maligno! È solo una macchia!»
Una macchia! Che nessuno mi capisse ormai, dopo trent’anni di vita,
l’avevo inteso. Ciò che però non riuscivo ad accettare era come si potesse
restare così indifferenti dinnanzi a un simile deturpamento. Pareva che nessuno
intorno a me avesse un minimo gusto per il bello.
Cosa avevo fatto di male per
meritarmelo? Proprio io, che tutti i giorni idratavo ed esfoliavo il mio viso
con cura e dedizione! La dottoressa provò a tranquillizzarmi affermando che
l’idratazione non c’entrasse nulla, che era solo questione di accumulo di una
certa sostanza sottopelle… ma lo diceva solo per tranquillizzarmi, ovviamente.
Non ne era convinta neanche lei.
Nemmeno a dirlo, da quel
giorno ho evitato il sole e le lampade abbronzanti come la peste, sostituendole
con l’autoabbronzante, e mai più sono stata senza fondotinta se non di notte
quando dormivo, coprendo solo quel pezzettino di viso pur di non scorgere
quell’abominio.
Ma ancora non avevo visto
tutto. Sono arrivati gli anta e apriti
cielo! Come in un maleficio son comparse rughe dappertutto. Ce n’era una
nuova ogni giorno, sembrava che si moltiplicassero a vista d’occhio.
Per fortuna non avendo avuto
figli (non avevo alcuna voglia di allargarmi, restringermi e deformarmi
restando floscia e cadente) non ho mai avuto smagliature, ma le rughe! Quelle
purtroppo sono arrivate nonostante le creme al collagene da milletrecento euro
che mio marito mi regalava ogni mese. E allora, dato che per quelle non c’era
soluzione, ho dovuto ricorrere alle maniere forti. Non mi sarei mai arresa alla
vecchiaia, mai!
Il primo ritocchino fu
leggero, solo un po’ di botulino sulla fronte e a lato degli occhi per curare
quelle raccapriccianti zampe di gallina. Il risultato fu miracoloso: la pelle
era liscia come quella di una ventenne. Ne fui così entusiasta che mi feci
consegnare il catalogo con tutti gli interventi di chirurgia estetica che il
mio medico eseguiva e decisi di farmene regalare un paio da mio marito per il
compleanno e l’onomastico.
La prima cosa che feci fu
farmi iniettare un po’ di filler alle labbra, giusto per riempirle un po’. Poi
mi feci limare un po’ il naso per renderlo più alla francese, elegante e
raffinato. Infine, verso i sessant’anni, quando la pelle iniziava a diventare
cadente e flaccida tanto da farmi rabbrividire ogni volta che per sbaglio mi
sfioravo le braccia, decisi di far tagliare via quella in eccesso. Mi dissero
che c’erano degli esercizi che avrebbero potuto aiutarmi a rassodare, ma dopo
quarantacinque anni di zumba e jogging tra i boschi non avevo più la forza di
un tempo.
Il mio caro marito mi regalò
quest’intervento a Natale: trovai i settemilaottocento euro che servivano a
finanziarlo sotto l’albero, accanto al panettone e al presepe. Inutile dire che
fui la donna più felice del mondo.
Dopo quell’intervento non ne
ho fatti altri. Lo ammetto, verso i settanta ho pensato di fare una liposuzione
per quel dannato grasso in eccesso sul girovita, ma non volevo esagerare. E
quindi fino a oggi tutto è stato perfetto…
…all’apparenza. Perché giorno
dopo giorno, con la vecchiaia che avanza, nonostante io faccia di tutto per
negarlo anche a me stessa, mi sto lentamente disfacendo. Il mio corpo mi sta
abbandonando, ormai lo specchio non mi è più amico come una volta. E non ho via
di scampo.
Ho passato tutta la vita a
prendermi cura del mio corpo con creme antirughe e idratanti, profumi, olii,
unguenti, esfolianti, leviganti, rassodanti, autoabbronzanti, per non parlare
delle due volte a settimana dall’estetista, della visita bisettimanale alla Spa
e quella mensile per manicure e pedicure. Eppure solo ora capisco di aver
creduto per tutta la mia vita in un’orribile bugia.
Solo ora, a ottant’anni, la
verità mi è chiara: ho rincorso l’apparenza e non c’è nulla di più sbagliato.
Possiamo fingere di accettarci per come siamo, ma non saremo mai felici con noi
stessi finché non ci convinceremo di essere belli così, di star bene con tutti
i nostri piccoli difetti. Non bisogna lavorare solo sul corpo, ma anche sul
cervello.
Infatti ho prenotato la
lobotomia per stasera. Dicono che curi molti mali, tra cui la depressione, e io
sono davvero depressa. Come si fa a vivere in un corpo del genere, tutto grinze
e macchie, senza deprimersi giorno dopo giorno?
Il mio psichiatra mi ha dato
dei farmaci da prendere, ma non ho mai assunto un’aspirina in tutta la mia
vita, figurarsi se ora potrei contaminarmi con quella roba. Lui ha negato di
operarmi dicendo che non ce n’è la necessità, ma chi può dire meglio di me
stessa di cosa io abbia bisogno? Quindi ho dovuto cercare un po’, ma alla fine
ho trovato un dottore molto bravo che è disposto a fare l’intervento per più o
meno cinquantamila euro, a patto che non lo dica a nessuno. Mio marito non è
più qui tra noi, ma sono certa che sarebbe contento della mia scelta, anzi, mi
incoraggerebbe a usare tutti gli ultimi risparmi per farlo… e io preferisco
vivere una vita più modesta, ma felice, piuttosto che una vita ricca nella
depressione della vecchiaia.
E poi la chirurgia serve a
migliorarci, altrimenti non esisterebbe.
No?
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